La storia della chiesa di Sant'Antonio Abate
Sant'Antonio Abate - La fondazione
Il complesso di Sant’Antonio Abate risale alla prima metà del Trecento, quando gli Antoniani, appena giunti a Milano, assunsero la gestione dell’ospedale fondato nel 1127 per volere di Ruggero del Cerro, dedicato ai malati di “fuoco sacro”. Sostenuto dai Visconti, l’ordine operò per quasi un secolo, fino a quando, con il calo dell’incidenza della malattia, i frati si dedicarono anche ad attività diplomatiche per lo Stato milanese. Tuttavia, i conflitti con il clero di San Nazaro e la fondazione dell’Ospedale Maggiore da parte di Francesco Sforza portarono al declino dell’ordine. Nel 1452, papa Niccolò V decretò la soppressione dell’ospedale e assegnò la chiesa e i beni in commenda, prima ai Landriani e poi ai Trivulzio, che mantennero il controllo fino al XVI secolo.
Del periodo iniziale rimangono il campanile, costruito nel Quattrocento come parte di una ristrutturazione più ampia, e i due chiostri. Il primo chiostro, con il suo portico in cotto, risale ai primi anni del Cinquecento ed è attribuito ai Trivulzio, che commissionarono anche gli affreschi con le Storie della creazione (ora al Castello Sforzesco) e la pala di Bernardino Campi del 1565, ancora visibile nella cappella dell’Immacolata.
Nel Seicento, Camillo Procaccini completò la pala con una corona di angeli per adattarla alla nuova cappella. Nel 1575, un breve di Gregorio XII soppresse la commenda, e nel 1577 i Teatini, chiamati dal cardinale Borromeo, presero possesso della chiesa e del convento, ottenendo una sede più centrale grazie al loro impegno durante la peste del 1576.
Nel 1584, l’architetto Dionigi Campazzo, e non il Richini come si credeva, ricostruì la chiesa ampliandola fino alla piazza antistante. La struttura, a croce latina con navata unica, tre cappelle per lato e una volta a botte, riflette lo stile delle basiliche della Riforma ispirate a San Barnaba di Alessi. Terminati i lavori, si iniziò la decorazione interna, probabilmente dalla cappella delle reliquie nel transetto sinistro, patrocinata dai Trivulzio. Qui furono collocate reliquie e opere come l’Incoronazione di spine di Alessandro Maganza e la Flagellazione di un artista toscano, entrambe della fine del Cinquecento.


Il '600, periodo di massimo splendore
Nel Seicento, durante il periodo di massimo splendore dell’ordine, furono completati importanti interventi decorativi nella chiesa.
Nel 1609 Ludovico Acerbi ottenne dai Teatini il permesso di costruire a sue spese la cappella dell’Annunciata (seconda a sinistra), completata nel 1612. L’altare, in stile tardo cinquecentesco, è opera di A.M. Corbetta, mentre Giulio Cesare Procaccini realizzò le tele raffiguranti l’Annunciazione, la Visitazione, la Fuga in Egitto e l’Eterno, nonché i Tre Angeli sulla volta. Simonetta Coppa ha datato l’intero ciclo tra il 1610 e il 1611, riconoscendo in queste opere l’evoluzione stilistica del Procaccini verso un linguaggio più morbido e luminoso, in linea con i suoi lavori per il Duomo di Milano. Gli stucchi dell’arco di accesso alla cappella sono attribuiti al Procaccini, inizialmente attivo anche come scultore.
Nel 1610 Emanuele Dal Pozzo finanziò la cappella dell’Ascensione (nel transetto destro), affidando a Giovan Battista Trotti, detto il Malosso, la pala d’altare con l’Ascensione. Le tele laterali, la Resurrezione di Cerano e la Venuta dello Spirito Santo di Vajani, risalgono allo stesso periodo, così come gli affreschi della volta, attribuiti a Vajani. Tra il 1611 e il 1612 furono aggiunte opere come la Natività di Ludovico Carracci e la Cattura di Cristo di Enea Salmeggia.
La contessa Olimpia Trivulzio promosse la decorazione del coro nel 1610, affidando al Moncalvo gli affreschi con le Storie dei santi Antonio abate e Paolo, i medaglioni con putti e una tela di Camillo Procaccini raffigurante Sant’Antonio. Fede Galizia dipinse due tele, Sant’Antonio e San Paolo eremita, aggiunte nel 1616, e un San Carlo che porta la croce, ora al Museo del Duomo.
Durante la peste del 1629-1630, i Teatini guadagnarono il sostegno dei cittadini, consentendo al padre Alessandro Porro di commissionare tra il 1631 e il 1632 la decorazione ad affresco della navata e del transetto ai fratelli Giovanni e Giovan Battista Carloni. Gli affreschi, dedicati alle Storie della Croce, combinano teatralità, illusionismo spaziale e pathos emotivo, rappresentando un esempio precoce del barocco milanese influenzato dalla tradizione genovese. Stucchi dorati, contemporanei agli affreschi, decorano le navate e il transetto, mentre Tanzio da Varallo realizzò la decorazione della cappella dell’Ascensione con Cristo in gloria tra gli angeli.
Infine, nel 1637, Ercole Bianchi donò alla chiesa la Natività di Maria e la Madonna del Serpe di Ambrogio Figino, originariamente commissionata per San Fedele. La Madonna del Serpe, un tempo collocata sopra la porta del cimitero, si trova oggi nell’oratorio dell’Immacolata.
La Natività di Maria fu collocata nella seconda cappella a destra, allora dedicata alla Beata Vergine del Suffragio, accanto a una tela di Bernardino Campi. Nel Seicento, sull’altare fu posta una statua lignea della Vergine, successivamente sostituita nel XIX secolo con quella di Giuseppe Rusnati, proveniente dall’oratorio dell’Immacolata. La cappella, passata nel 1656 sotto il patronato di Giuseppe Diviziolo, fu ricostruita da Carlo Buzzi e subì modifiche nel XIX secolo con l’arrivo delle sculture del Rusnati.
Nel 1654 si celebrò la consacrazione solenne della chiesa. Negli anni successivi furono avviati lavori nella cappella di San Gaetano, grazie al lascito di Gerolama Dardanona Rho (1657). L’altare, completato nel 1663 su disegno di Gerolamo Quadrio, fu affiancato da decorazioni scultoree realizzate da Giuseppe Rusnati, tra cui le statue della Fede e della Provvidenza e il rilievo con la Morte di San Gaetano. Tra il 1683 e il 1689, Rusnati eseguì anche sei medaglioni raffiguranti episodi della vita del santo.
Nel 1683, la Confraternita dell’Immacolata iniziò la costruzione di un oratorio comunicante con la chiesa, progettato da Andrea Biffi. L’apparato decorativo, completato tra il 1686 e il 1689, comprendeva un altare di Cesare Fiori con sculture del Rusnati. Tuttavia, l’oratorio fu spogliato e destinato ad usi civili dopo la soppressione del 1798.
La cappella di Sant’Andrea Avellino, di fronte a quella di San Gaetano, fu rinnovata tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, in occasione della canonizzazione del santo (1712). L’intervento incluse due tele laterali di Filippo Abbiati, angeli decorativi attribuiti al Rusnati e la pala di Francesco Cairo, Lo svenimento del beato Andrea Avellino, databile al 1630.
Nel XVIII secolo, il declino economico e la ridotta popolarità dei Teatini rallentarono i lavori nella chiesa. Con la soppressione napoleonica, la chiesa fu chiusa e utilizzata come magazzino militare, subendo gravi danni. Il convento divenne sede della Guardia Nazionale e, dal 1814, ospitò il carcere e la Pretura militare.
Riaperta al culto come sussidiaria di San Nazaro, la chiesa fu restaurata nel 1832 da Giacomo Tazzini, che rinnovò la facciata. Un restauro generale, diretto da Cesare Nava, fu eseguito nel 1903. Più recentemente, è stato ripristinato l’oratorio dell’Immacolata nelle sue parti architettoniche.
